Dai “Discorsi” di S. Agostino, vescovo. Sull’Ascensione del Signore. Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore. (…). Come egli è asceso al cielo e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia avverato ciò che ci è promesso. (…) Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza, la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui”. Con affetto. P. Antonio.

ASCENSIONE DEL SIGNORE / A -24 MAGGIO 2020.

Atti 1,1-11. Salmo 46; Efesini 1, 17-23; Matteo 28,16-20.

“Gesù si avvicinò agli undici apostoli e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” (Mt 28,18). Infatti, come scrive S. Paolo: “Dio … il Padre della gloria ha manifestato in Cristo la straordinaria grandezza della sua potenza quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli. (…). Tutto infatti ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose” ( Ef 1, 19.20.23).

In virtù di questo potere conferitogli dal Padre, Gesù ordina agli apostoli: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Quindi gli apostoli devono “andare a tutti i popoli del mondo”. Ecco perché il papa, oltre ad avere la cura  della Chiesa che è in Roma, deve recarsi in tutte le nazioni. Straordinario è stato l’impegno  di S. Giovanni Paolo II, di cui abbiamo ricordato il centenario della nascita il 18 maggio: 104 viaggi apostolici internazionali; 129 Paesi visitati; 146 visite pastorali in Italia; più di 300 parrocchie visitate in Roma. Così papa Francesco, che ha scelto di andare presso i popoli più lontani e più poveri.

Così il papa va; i vescovi vanno; i sacerdoti vanno, in particolare i parroci,  perché è Gesù che ha comandato di andare; e vanno nel nome di Gesù, col potere di Gesù. Ogni pastore d’anime può dire con S. Paolo: “…predicare il vangelo è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!… E’ un incarico che mi è stato affidato” (I Cor 9, 16.17).

E andando nel nome e col potere di Gesù, devono “insegnare a osservare tutto ciò che Gesù ha comandato agli apostoli” (cfr. Mt 28, 20), cioè il Vangelo. Il papa, i vescovi, i sacerdoti non annunciano le proprie idee e opinioni, annunciano la parola di Gesù, tenendo presenti le situazioni particolari dei popoli e delle persone a cui sono inviati.

Gli annunciatori del Vangelo devono completare  l’annuncio “battezzando i discepoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19).

Ma S. Luca, all’inizio degli “Atti degli Apostoli” (Atti 1,1), scrive una cosa importante: “Nel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo”. Non scrive: “insegnò e fece”, ma “fece e insegnò”.

Gesù manifestava l’ amore di Dio guarendo i malati, perdonando i peccatori, liberando gli ossessi: faceva opere di misericordia e predicava la misericordia. Gesù univa le parole alle opere e le opere alle parole. E noi dobbiamo fare lo stesso. Il Vangelo che ascoltiamo in Chiesa dev’essere unito alle azioni fatte secondo il Vangelo: se si predica la carità, bisogna fare carità, individualmente e come comunità parrocchiale. S. Paolo scrive ai Galati: “In Cristo Gesù conta la fede che opera per mezzo della carità” (Gal. 5,6); per cui, senza la carità non si vede la fede. Senza la carità la fede è sterile. Quindi: parole e fatti; fatti e parole.

E Gesù conclude: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Anche in questa Messa, Gesù è qui: invisibile ma reale: parla e agisce per mezzo del sacerdote.

O Maria, intercedi per noi, affinché “gli occhi del nostro cuore siano illuminati per comprendere a quale speranza Dio ci ha chiamati, e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo” ( Ef.1,18.19).