Papa Francesco e la nostalgia della comunità in carne e ossa
L’omelia del Papa a Santa Marta: “La familiarità dei cristiani con il Signore è sempre comunitaria. È personale, ma in comunità. Una familiarità senza comunità, senza il pane, senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti, è pericolosa”
ANDREA TORNIELLI
“Una familiarità senza comunità, senza il pane, senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti, è pericolosa”. Francesco, nell’omelia della Messa mattutina di Santa Marta, un appuntamento che accompagna e conforta milioni di persone in questo tempo di isolamento forzato e aiuta a tenere unite le comunità, ha parlato del rischio di una fede vissuta in modo intimistico. La riflessione del Papa parte dal racconto del Vangelo di Giovanni: Gesù che attende i discepoli sulla riva del lago di Tiberiade, si intrattiene con loro e mangia insieme a loro il pesce arrostito sulla brace. È una familiarità che passa attraverso lo stare a tavola discutendo insieme.
Quella del cristiano, ha spiegato Francesco, è “una familiarità quotidiana con il Signore”, come quella di chi si siede a tavola per far colazione e parlare con naturalezza di ciò che gli sta a cuore. Una familiarità che è sempre comunitaria, pur essendo personale e intima. Perché una familiarità senza comunità, senza rapporti umani, senza la condivisione del pane, senza i sacramenti, può correre il rischio di diventare “gnostica”, evanescente. Cioè di ridursi a “una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio”. Mentre quella sperimentata dagli apostoli con Gesù è sempre stata una familiarità comunitaria, vissuta a tavola, segno della comunità, “con il Sacramento, con il pane”.
L’isolamento a cui siamo costretti in questo momento a causa della pandemia, l’impossibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica in questa situazione di emergenza, non deve portare con sé anche il rischio di assuefarci a vivere una fede intimistica. Milioni di persone oggi si collegano attraverso i mass media per cercare di vivere la loro appartenenza alla comunità, sono insieme attraverso uno schermo, senza esserlo fisicamente. Una modalità necessaria in questo momento, l’unica possibile nell’emergenza che tutti speriamo possa finire al più presto.
Ma questa non può farci dimenticare che la Chiesa, i Sacramenti, il popolo di Dio sono concreti. La familiarità vissuta attraverso i mezzi di comunicazione è un aiuto e rappresenta oggi – spiega il Papa – un modo per “uscire dal tunnel, non per rimanerci”. Francesco ci invita pertanto a non considerare normale questa modalità, che pure sta portando conforto a tante persone nelle ultime settimane sostenendole nella solitudine e nella prova. I cristiani infatti sono inseriti nella comunità, nel popolo di Dio. Un popolo in carne e ossa che spezza il pane, ascolta la Parola, condivide nella carità e annuncia da persona a persona, attraverso testimonianza di vita e concreta prossimità, la gioia del Vangelo. Un popolo che sa sfruttare con creatività tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per mantenersi in contatto e raggiungere chi è solo, sempre in attesa, quando sarà possibile, di potersi ritrovare fisicamente attorno alla mensa eucaristica. Un popolo che si sente quotidianamente accompagnato dal Papa, e che guarda con gratitudine ai tanti sacerdoti, religiose, volontari che in questi giorni hanno trovato il modo di essere concretamente vicini ai morenti, agli ammalati, agli scartati, mettendo a repentaglio la loro vita e, in non pochi casi, anche sacrificandola.