Antifona d’ingresso. (Salmo 30, 3-4). “Sii per me una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva. Tu sei mia rupe e mia fortezza: guidami per amore del tuo nome”. Il nome di Dio è amore : “Dio è amore” (I Gv 4,16); perciò mi guida, mi protegge, mi salva.

Dal libro del profeta Geremia (17,5-8). “Così dice il Signore: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore”. Infelice, l’uomo che fonda le sue speranze in se stesso; che confida nelle proprie forze; che si sente autosufficiente; che vede nei beni terreni la sua sicurezza, “allontanando il suo cuore dal Signore”: “non vedrà venire il bene…, dimorerà nel deserto… dove nessuno può vivere”. Senza fiducia in Dio, non si può vivere.

“Benedetto – felice, – l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua… non smette di produrre frutti”,  perché la grazia di Dio alimenta continuamente la fede che si traduce in  opere buone.

Salmo responsoriale (Dal Salmo 1). R/ Beato l’uomo che confida nel Signore. “E’ come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene”.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (15, 12.16-20). “…Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto. Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati… Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora invece Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”. Gesù è risorto: questa è la verità che sostiene tutto l’edificio della nostra fede. E su questa verità si fonda la speranza, perché, risorgendo, Gesù, mediante il Battesimo, ci ha resi partecipi della sua risurrezione. Sul fatto che Cristo risorto è la causa della nostra risurrezione, si fondano le beatitudini proclamate da Gesù.

 Dal vangelo secondo Luca (6,17. 20-26). “Gesù, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete… Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo”.

Con le beatitudini, Gesù ha rovesciato la valutazione delle cose: queste non sono più viste secondo la sofferenza o la gioia del momento ma secondo la gioia futura ed eterna. Se crediamo che Gesù è risorto e che anche noi risorgeremo, possiamo comprendere le sue affermazioni   “Beati voi poveri…; Beati voi che avete fame…; beati voi che ora piangete…; Lc 6, 20-22). Evidentemente, non sono la povertà, la fame, il dolore, in quanto tali che rendono beati, ma l’accettazione di queste privazioni e sofferenze, sostenuta dalla speranza nella vita futura e dalla confidenza nel Padre  celeste. Quanto più noi  siamo  privi di sicurezza e di felicità terrena, e ci  apriamo alla fiducia in Dio, tanto più troveremo in lui il nostro sostegno e la  salvezza. “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e di cui il Signore è la fiducia”,  (Geremia 17,7).

O Maria, aiutaci a sopportare con fede, speranza e pazienza le prove di questa vita.

P. Antonio Francesconi, B.