La prima lettura riferisce quanto accadde nel popolo ebreo: “Tutti i capi del popolo, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà a Dio”. Dio aveva detto: “Io sono il Signore, tuo Dio, non avrai altri dèi di fronte a me” (Esodo 20,2-3). Invece loro adorarono i falsi dèi e contaminando il tempio consacrato a Dio.
Il Signore mandò incessantemente i profeti ad ammonirli “perché aveva compassione del suo popolo; ma essi li schernirono…; al punto che l’ira del Signore verso il suo popolo raggiunse il culmine”.
Perciò, al peccato è seguito il castigo, perché Dio, che è Santo, è intransigente contro il peccato e deve punirlo.
Quindi il Signore permise che “i suoi nemici incendiassero il tempio, demolissero le mura di Gerusalemme, deportassero a Babilonia gli scampati alla spada e divenissero schiavi per settant’anni”.
Ma Dio, che è intransigente contro il peccato, è fedele al suo amore, è misericordioso e punisce il popolo affinché si ravveda e cambi vita.
Così, “nell’anno primo di Ciro, re di Persia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che rimandò i deportati superstiti alla loro terra e ricostruì il tempio di Gerusalemme”. Il popolo tornò trasformato dall’esperienza dolorosa dell’esilio.
Con la Lettera di S. Paolo agli Efesini e col Vangelo di S. Giovanni ci troviamo di fronte a un mistero sconvolgente: perché Dio, che è Santo, e non può non essere intransigente contro il peccato, anziché punirlo nell’uomo peccatore , lo ha punito nel suo Figlio fatto uomo, Gesù Cristo, crocifisso per i nostri peccati. Gesù Crocifisso rivela la sapienza infinita di Dio che nella sua Santità infinita non può tollerare il peccato e deve punirlo e nella sua Misericordia infinita “non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva” (Ez 33,11). In Gesù crocifisso Dio ha conciliato la giustizia con la misericordia. Per cui, all’uomo peccatore non resta altro che credere in Gesù crocifisso e donarsi a Lui. “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!”, (Rm.11,33).
“Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati” (Ef,2,4-5). “Per grazia infatti siete salvati mediante la fede, e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio” (Ef 2,8).
Comprendiamo la parola di Gesù: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato (sulla croce) il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio” (Gv 3, 14-18).
Dobbiamo dire con S. Paolo: “Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se sesso per me” (Gal 2,20). Per questo, anche le sofferenze prodotte dalla pandemia acquistano un segno positivo, perché, nella fede, ci uniscono alle sofferenze di Gesù crocifisso, per la remissione dei peccati e per voler divenire fedeli al Signore.
O Maria, nostra speranza, aiutaci a credere in Gesù.
P. Antonio Francesconi, B.