Omelia del 20 dicembre 2020. IV Domenica di Avvento/B

“Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, … disse al profeta Natan: “Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda”. Natan rispose al re: “Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te”.

L’arca manifestava la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. In una cassetta erano racchiuse le dieci parole scritte dal dito di Dio sulla pietra (Deut 10,1-5), cioè, i dieci comandamenti. Era ricoperta da una lamina d’oro, e sormontata dai cherubini, era il trono e lo sgabello di Dio. Così Dio, “che siede sui cherubini” (I Sam 4,4; Sal 80,2) custodiva sotto i suoi piedi la sua parola. L’arca, riparata sotto la tenda, era come il santuario mobile che accompagnava Israele dalle origini, alla partenza dal Sinai, fino alla costruzione del tempio, dove venne collocata” (DTB p. 87).

Il re Davide, dunque decise di “costruire una casa” per il Signore, cioè per l’arca dell’alleanza. “Ma in quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: “Va’ e  di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa , perché io vi abiti?… Il Signore ti annuncia che farà a te una casa”, cioè una dinastia. “Quando i tuoi giorni saranno compiuti  e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno  saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre” . L’oracolo di Natan oltrepassa la persona del primo successore di Davide, Salomone  e lascia intravedere un discendente nel quale Dio si compiacerà. Questo discendente è Gesù Cristo, il figlio di Maria: “L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 29-33).  La profezia di Natan si è avverata in Gesù Cristo. La profezia di Natan si è avverata in Gesù Cristo e si avvera in noi che siamo di Gesù Cristo. Siamo noi il regno di Gesù Cristo;  con lui regneremo in eterno. Possiamo invocare Dio nostro Padre: “Tu sei mio Padre, mio Dio e roccia della mia salvezza” (Salmo 88). Possiamo affidarci a Dio, perché Dio ha detto: “Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele” (ivi). La nostra salvezza è legata alla promessa che Dio ha fatto a Davide e che si è avverata in Gesù, tramite la fede e l’obbedienza di Maria e, per la sua parte, di san Giuseppe.

Nel “CREDO” diciamo: “Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio… Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non  avrà fine”.

Al termine della meditazione di mercoledì 14 dicembre, il Papa ha detto: “Quest’anno ci attendono restrizioni e disagi; ma pensiamo al Natale della Vergine Maria e di san Giuseppe… Quante difficoltà hanno avuto! Quante preoccupazioni. Eppure la fede, la speranza e l’amore  li hanno guidati e sostenuti. Questa difficoltà ci aiuti  a purificare un po’ il modo di vivere il Natale, di festeggiare uscendo dal consumismo: che sia più religioso, più autentico, più vero”. Con questa esortazione del Papa, porgo i miei cordiali auguri di buon Natale! P. Antonio M. Francesconi.

“NULLA È IMPOSSIBILE A DIO”
Lc 1, 26-38 – IV domenica di Avvento B

Ha provato in ogni modo, l’uomo,

a salire le vette dell’olimpo

attingendo vane speranze dagli astri,

dall’estasi e dall’intelletto.

Ha esplorato sentieri svariati

pur buoni, non sempre sbagliati,

ma sempre aspirando a divenire

lui dio, e senza Dio vivere.

Secoli, confini, intensità inesauribili

alla ricerca di vie per realizzarsi,

da soli, insieme, a tentoni

con un unico e costante svarione:

pensare che il Cielo sia servo

delle umane ambizioni di eterno

e che l’intimo atroce desiderio

si plachi a partire dal mio sforzo.

Impossibile plasmarsi perfetto

per chi non si è plasmato nel grembo,

anzi, di ogni proprio respiro

a qualcun altro deve rendere merito.

Impossibile stracciare quel limite

che rende creatura l’umano:

chi rifiuta di essere creato

pensa infine di esser vissuto invano.

Ma “nulla è impossibile a Dio”,

rivela la vicenda di una donna

piccola figlia di Sion, Miriam,

che soltanto viveva fedele.

Se l’uomo non può giungere in Alto,

l’Alto, sì, può invece scendere sotto

quel manto di umana debolezza

che fa prezioso il tesoro in Adamo.

Dio ha varcato la siepe

che delimita due mondi da sempre

pensati lontani, nemici, accostati,

e ora intrecciati di legami.

Dio si è fatto embrione,

feto che cresce e si nutre

del latte di un seno materno

per rendere il piccolo infinito.

Dell’uomo, di ognuno e di tutti,

il mistero dell’Incarnazione

compie le attese di grandezza

colmando il vuoto dell’argilla.

In Gesù, che nasce ed è umano

la nostra naturale pretesa

di conquistare da soli il divino

diviene umile e feconda attesa.

Padre Luca Garbinetto – Pia Società San Gaetano