Stiamo vicini con la quotidiana recita del Rosario a tutti i Barnabiti, Angeliche e Laici di San Paolo colpiti dal Covid-19, alle loro comunità religiose e famiglie in sofferenza. Che Sant’Antonio M. Zaccaria guardi questa sua Famiglia tanto provata e la benedica preservandola da ogni male del corpo e dello spirito, non facendole mancare operai pieni di zelo per le sue opere apostoliche presenti nel mondo.

L’esempio di Gesù diviene un contagio, perché alla scuola di Lui cresce quel Paolo che giganteggia così maestoso nella storia d’ogni propaganda ideale, quel Paolo che saremmo tentati di credere un Maestro d’apostolato s’egli non si riconoscesse e professasse con purissima umiltà un povero discepolo del Nazareno, l’apostolo d’ogni lavoro, d’ogni sacrificio, d’ogni amore” (P. Giovanni Semeria, Lo zelo religioso).

Messaggio del Superiore Generale ai Confratelli in occasione della Solennità di S. Giuseppe

Cari confratelli,

siamo in tempo di Quaresima e in una condizione di prova non indifferente che possiamo leggere anche in chiave penitenziale e provvidenziale. Viviamo un periodo difficile a motivo del coronavirus, ma dobbiamo renderci conto che proprio questo può rappresentare per noi un motivo forte di ripensamento e di conversione, per vincere anche altri “virus” che affliggono il nostro spirito e la nostra vita comune.

Il cammino quaresimale è anzitutto un tempo di raccoglimento interiore ma anche esterno, che a volte facciamo fatica a vivere in questa duplice dimensione.

L’evento traumatico del coronavirus ci sollecita a prendere interiormente una decisione che dall’esterno ci viene imposta in forza delle norme di comportamento disposte dalle leggi civili messe in atto per combattere un’infezione che mette a rischio anche la vita di ciascuno di noi. Siamo quindi sollecitati a una assunzione di responsabilità non indifferente gli uni nei confronti degli altri. Ora! Perché non vedere in questa imposizione di una clausura esterna per salvaguardare o recuperare la salute fisica, anche un invito pressante per recuperare quella interiore, così favorevole a riguadagnare la salute dello spirito?

In alcuni ambienti, come in Europa, siamo ridotti all’inattività esterna: una situazione che progressivamente si sta espandendo anche in altre aree geografiche oltre oceano. Dobbiamo imparare a gestire anche questa inattività nel modo più fruttuoso possibile con un forte spirito di responsabilità e quindi di prudenza per la vita personale certamente, ma anche per quella del nostro prossimo.

Le prospettive non sono ben chiare e dunque anche il tempo che si apre davanti a noi non è ben definibile neppure dal punto di vista liturgico: ci stiamo preparando alla Pasqua, ma lo dovremo fare in un modo del tutto inconsueto. Esternamente magari senza alcun segno visibile e senza la presenza dei fedeli; ma proprio per questo diventa l’occasione per celebrare interiormente una Pasqua che potrebbe rivelarsi assai più vera e feconda di vita di quelle che abbiamo vissuto fino ad ora.

Cogliamo forse qui un invito a sostare in particolare su quel momento della Passione di N.S. Gesù Cristo in cui attorno a lui non c’è più nessuno, sono tutti fuggiti (cfr. Mc 14,52); o sono colti dal sonno come i discepoli nell’Orto degli Ulivi, proprio nel momento in cui sono richiesti da Gesù di vegliare con lui in preghiera (cfr. Mc 14,32-42).

Il primo nemico da sconfiggere, dunque, è proprio la paura, il panico, il timore di rimanere; ma anche il sonno dello spirito. Chi sa vegliare con Cristo, riesce a rimanere saldo nella fede in lui anche di fronte alla privazione e al pericolo, come ci ricorda l’Apostolo Paolo: “Chi ci separerà dall’Amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Rm 8,35-36)

Tutto ciò ci offre l’occasione per celebrare la Pasqua nel vero spirito di chi a imitazione di Cristo Signore non sfugge alle proprie responsabilità, ma si consegna in vero atto di amore e di servizio ai fratelli e alle sorelle, così come ci ricorda ancora l’Apostolo delle Genti: “Proprio come sta scritto: Per amore tuo siamo messi a morte tutto il giorno, siamo stati considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,36-37).

In questo momento così particolare e difficile rinnoviamo la nostra consacrazione a S. Giuseppe, sposo di Maria, di cui oggi celebriamo la solennità, perché ci assista e ci protegga come ha saputo fare con Gesù nell’ambito della Sacra Famiglia di Nazareth, nel doloroso momento della persecuzione e martirio dei Santi Innocenti e nelle traversie dell’esilio in Egitto.

Chiediamo altresì l’aiuto materno di Maria alla quale possiamo rivolgere questa preghiera, elevata da Papa Francesco ai piedi della Madonna nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la città di Roma e qui adattata alla nostra realtà di Congregazione:

“O Maria, tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. Noi ci affidiamo a te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù, mantenendo ferma la tua fede. Tu sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova. Aiutaci, Madre della Divina Provvidenza, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione. Amen.

Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio,

Santa Madre di Dio.

Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,

e liberaci da ogni pericolo,

o Vergine gloriosa e benedetta”.

P. Francisco Chagas Santos da Silva B. Superiore Generale Dato in Roma, Collegio San Paolo, il 19 marzo 2020