Omelia del 24 ottobre 2021. XXX Domenica del T.O. / B
Prima lettura. Geremia 31,7-9.
“Così dice il Signore: “Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la sua lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Geremia invita alla gioia e alla lode del Signore per il ritorno del popolo ebreo dall’esilio. Dio si è ricordato del “resto d’Israele”, che gli è rimasto fedele e lui stesso si è fatto guida per il rimpatrio. “Ecco li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dall’estremità della terra”. Tutti ritornano, anche i più malandati e sofferenti, anche “il cieco e lo zoppo”, perché quando è Dio che conduce, i ciechi sono illuminati e gli zoppi camminano speditamente. “Erano partiti nel pianto, io li riporterò fra le consolazioni … perché io sono un padre per Israele”.
C’è una pagina nella “Vita” di S. Teresa d’Avila, che riflette la situazione degli ebrei di ritorno dall’esilio. “Ero dunque sola, senza una persona con cui consolarmi, incapace di pregare e di leggere, oppressa dalla tribolazione, con l’anima sconvolta, piena di amarezza e così angustiata … da non sapere che cosa fare … Dio mio, come è vero che siete un amico forte e generoso, che potete tutto quello che volete e non lasciate di amare chi vi ama! Tutte le creature vi lodino, o sovrano Signore del mondo! Si proclami dovunque che Voi siete fedele con i vostri amici! Tutto manca ma non Voi, o Creatore del tutto, che mai lasciate soffrire chi vi ama! … Mi si levino contro tutte le creature … ma non mancatemi Voi, o Signore, conoscendo già io per esperienza i vantaggi che si ricavano dal porre in Voi ogni fiducia!” (Cap. 25,n.17).
Da Vangelo secondo Marco 10, 46-52.
“Il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare”. In quel tempo, per un uomo cieco, l’unico modo per sopravvivere era chiedere l’elemosina: affidarsi alla compassione degli altri. “Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Cominciò a gridare perché c’era “molta folla” e aveva bisogno di farsi sentire. Ma grida invocando pietà e chiama Gesù “Figlio di Davide”, quindi con la fede in Gesù, il Messia.
La fede del cieco fu messa alla prova perché “molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Tanto forte fu la sua fede che “Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Gesù ha fermato i suoi discepoli e la folla, per fermarsi da questo poveretto, che si sentì incoraggiato e, “gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. Era l’uomo disperato, che vedeva aprirsi la luce, perciò gettò via il mantello e balzò in piedi.
“Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?. “Per te”: noi siamo venuti in chiesa per pregare e lo facciamo con fede e devozione. Va bene. Ma Gesù chiede a me, a voi, come a Bartimeo: “Che cosa vuoi che io faccia per te? Tu, oggi, di che cosa hai bisogno? Che cos’è che ti preoccupa?…; che cos’è che ti fa star male?” . Bartimeo gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”.
“Lo seguiva lungo la strada”, vuol dire che Bartimeo, oltre ad aver ricevuto il dono della vista, ha ricevuto anche una fede più viva in Gesù, così da diventare suo seguace e impegnarsi per Lui. Lo stesso deve avvenire in noi. Ci troviamo in difficoltà; ci affidiamo a Gesù; sperimentiamo il suo aiuto; sentiamo che Lui ci assiste; la nostra fede diventa più forte; anche noi “seguiamo Gesù lungo la strada”: andiamo dietro a Gesù, avremo le croci e la sua grazia per sopportarle con amore e gratitudine. Le prove della vita sono il mezzo con cui Dio ci lega a Sé e noi possiamo lodarlo e ringraziarlo per il suo amore di Padre.
P. Antonio M. Francesconi